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FORSE NON E' UN CASO SE SIETE ENTRATI IN QUESTO SITO, IL CASO NON ESISTE. ESISTONO SOLO OPPORTUNITA' CHE L' ANIMA MATURA RIESCE A COGLERE. PROSEGUENDO QUESTA LETTURA SCOPRIRETE IL SEGRETO DELL'UNIVERSO, DELLA NOSTRA ESISTENZA, IL GIUOCO DI DIO.



ESTRATTO DA " LA COSCIENZA DELL'ESSERE "

 


 

Forse non riuscirò in tutto, ma vorrei che questo libro fosse come un germoglio interiore, una confidenza autentica di un uomo che non vuole più nascondere nulla.

Così tanto ho vissuto che molto mi appare scontato. Guardo le cose in silenzio e mentre ancora la gente corre ho solo voglia di osservare, meditare o scrivere, ma solo cose vere, senza ipocrisie o nascondimenti. In questo ultimo tratto ancora mi sento addosso alcune piccole arroganze della vita, ma so d’aver capito e attendo che il vento tiepido che mi sfiora la pelle penetri fino in fondo e mi pulisca l’anima.

Nella mia vita conobbi – credo in ugual misura – gioie e amarezze, non fui mai testimone di eventi eclatanti, ma una sera anche per me si verificò un fatto inconsueto: improvvisamente avvertii un forte e istintivo desiderio di scrivere. Non sapevo come, né cosa ma assecondai quell’impulso. Presi alcuni fogli, una penna e mi apprestai al tavolo. Passarono solo pochi secondi quando mi accorsi che la mia mente si arricchiva di stimoli nuovi, inconsueti, pensieri non cercati, ma improvvisi e straordinariamente chiari. Avvertivo un’ebbrezza dolce, unica, certamente bella.

Badate bene, non sono di quelli che vedono la madonna, sono un uomo razionale, abituato ad analizzare le cose, provando tuttavia quella sensazione così unica, rimasi perplesso, certamente impreparato. Fu quel giorno che iniziai a scrivere questo libro, avvertivo la netta sensazione di essere in certa misura guidato. Ora, anche per me è difficile dire se lo fossi veramente, io stesso non potrei esserne certo, anche se il mio coinvolgimento in prima persona mi pone in condizioni privilegiate per crederlo. Ma non è questo il punto. Credere o non credere è sempre un fatto soggettivo ed io non mi sono proposto questo per i miei lettori. Per me è oltremodo lusinghiero poter pensare che alcuni di voi, leggendo ciò che ho scritto, possano iniziare a riflettere.

La scelta di credere, poi, viene sempre alla fine di un percorso individuale che a volte è veramente molto lungo.

 

La coscienza dell’essere fu il primo libro che scrissi di una serie di quattro ma non lo pubblicai subito, lo custodii in attesa che i tempi maturassero. Solo recentemente, dopo un’ultima revisione, mi sono deciso per la pubblicazione.

Ora il mio lavoro è terminato. Tutto è stato scritto. Il giudizio, poi, più non mi compete

 

Parte Prima

 

A volte, ripensando alle tappe che mi permisero di arrivare sin qua, mi capita di ricordare gli anni della mia giovinezza e di voler fermare il quadro in cui mi rivedo bambino.

La casa di ringhiera dove trascorsi la mia infanzia m’infonde ancora una piacevole nostalgia e tanta tenerezza. Attraverso quel portone c’era tutto il mio mondo: il grande cortile in terra battuta, il canale che scorreva dietro le case, il vociare della gente, le festose grida dei fanciulli.

Eravamo nel primo dopoguerra, all’inizio degli anni cinquanta; tutto sembrava nuovamente pronto per ripartire. Così, in quella grande scatola aperta verso il cielo, anch’io m’apprestavo a gustare il piacevole ed esuberante sapore della giovinezza.

Ricordo che un giorno, mentre scendevo per andare all’oratorio, mi soffermai a guardare oltre il muretto, giù verso il fiume. Le cime degli alberi ondeggiavano e a tratti un tiepido sole mi sfiorava il viso. Provai in quel momento una strana emozione; mi sentii attratto da qualcosa che non conoscevo, presagivo un mondo interiore sconosciuto, mai interpellato prima.

In seguito ripensai spesso a quel momento; con esso avevo inconsciamente segnato l’inizio di una ricerca che continuai passo dopo passo, inseguendo una verità che mi sfuggiva. Tuttavia, sapevo di possedere qualcosa dentro che superava per certi versi il mio stesso pensiero; un’entità misteriosa, sconosciuta, della cui esistenza però, ero fermamente certo.

Il tempo trascorreva serenamente; la sera, coricandomi, recitavo le due o tre preghierine che mi aveva insegnato mia madre, poi quasi subito mi addormentavo dimenticando ciò che stavo pensando.

Oggi, dopo tanti anni, dico ancora le stesse preghiere; ma il tempo, quello di allora, non c’è più.

A volte mi chiedo se la mia esistenza sia servita a qualcosa o a qualcuno e in certe giornate lo sconforto ha il sopravvento e mi sento solo.

Una delle poche cose da cui riesco a trarre conforto è di essere forse riuscito a comunicare ai miei figli una certa padronanza della realtà, che non è solo quella che viene trasmessa con lo spettacolino dei media, ma è anche quell’altra che esiste dentro di noi e che ci fa ricordare in ogni istante il fine che dobbiamo raggiungere.

Se nel corso della nostra vita riuscissimo, anche solo per poco tempo, a distogliere l’attenzione dal nostro lato esteriore ed ascoltassimo più attentamente quei richiami che ognuno avverte in fondo al proprio cuore, allora potremmo intuire la felicità profonda che ci proviene dall’amore e ricercarla in Dio per mantenerla per sempre.

Ma ora il mio pensiero si fa stanco, e non voglio che ciò che forse ho appreso si perda fra le pieghe della memoria.

In questa prima parte cercherò di rappresentare i temi più importanti della vita.

Considererò nell’ordine: la scelta di credere, l’attendibilità dell’esistenza di Dio, la trascendenza della vita, il motivo plausibile della nostra esistenza e, infine, l’analisi di alcune grandi religioni per individuare dove meglio esiste il messaggio di salvezza.

La scelta di credere.

Come vorrei cancellare ogni stereotipo religioso, dimenticare ogni culto. Come vorrei che non vi fosse più nulla o nessuno che mi suggerisse metodi, suoni o parole da pronunciare; gustare cibi se lo voglio, senza rimorsi o paure che il colore della mia aura possa cambiare.

Come vorrei ascoltare semplicemente il cuore. Interrogarmi semmai nell’intimo della mia solitudine e raggiungere da solo la profondità dello spirito. Perché, vedete…al di là di ogni pratica e metodo comportamentale, è questo a cui in fondo dobbiamo tendere, chiederci se esiste o non esiste una vita oltre la morte. Solo così potremo misurare la nostra fede.

Mi rendo conto che compiere questa analisi non è facile. Anzi tutto dovremmo sentirci intellettualmente liberi da ogni costrizione dogmatica. Non si possono accettare presunte verità perché riportate da scritture definite sacre, sappiamo bene che ogni religione propone le proprie sacralità, quindi essendo a volte in contrasto le une con le altre, ci potremmo chiedere quali siano le più vere. Imporre la sacralità delle scritture come unico riferimento di fede, è un modo molto riduttivo per far accettare la religione.

Ritengo che oggi, più che mai, si debba cercare di far comprendere il fine a cui siamo chiamati, cercando di autenticarlo con esempi di vita reale o anche scritta, purché siano riconosciuti ed accettati. Del resto, anche in un romanzo come “I Promessi Sposi” si possono apprezzare brani in cui si evidenziano valori come la carità la compassione e la provvidenza e trovare esempi di grandiosa umiltà e di perdono, senza per questo gli si debba attribuire quella sacralità dogmatica che invece viene imposta per certi brani biblici.

Il percorso da intraprendere dovrebbe presentarsi libero da ogni costrizione mentale, non dovrebbero esistere verità imposte, ma solo verità proposte. Da sempre il Signore ci propone una semplice scelta esistenziale protesa verso l’amore del prossimo. Ebbene, è questa la proposta che dobbiamo cercare di capire ed eventualmente accettare. Solo così potremo avere una fede forte e ben radicata.

All’inizio della nostra vita, difficilmente siamo già pronti per intraprendere autonomamente questo percorso, ci guardiamo attorno, vediamo tanta gente che ci accompagna nel nostro cammino ma ancora ci sentiamo incerti e proviamo paura nei confronti di una società che ci appare tanto più grande di noi. Molte volte, guardando noi stessi, ci confondiamo, pensiamo di essere ciò che vediamo e in questa legittima confusione abbiamo solo una certezza: quella di esistere.

Sappiamo di esistere perché pensiamo. A tratti proviamo emozioni, a tratti intuiamo qualcosa ma poi ancora tutto svanisce ed è allora che ci sembra opportuno imitare gli altri, per sopperire ad una personalità che sta affiorando, ma che non sentiamo ancora nostra. Tuttavia la personalità esiste, ed è qualcosa che ci appartiene intimamente, essa inizia il suo percorso con noi, non si sa quando o dove, ma in un preciso istante di un passato più o meno remoto ci siamo posti la prima domanda e ci siamo dati la prima risposta.

In quel preciso istante è iniziato il nostro cammino di fede, un cammino lungo, periglioso, pieno di sofferenze e delusioni ma anche di alcune gioie. Finché un giorno, sentendoci soli, cerchiamo un po’ di conforto e forse senza rendercene conto, preghiamo. Con la preghiera abbiamo offerto un po’ d’amore ed in cambio ci viene data un po’ di fede. La fede è un dono di saggezza che Dio fa agli uomini che hanno creato un po’ di spazio nel loro cuore. E’ la saggezza che stimola la volontà ed è la volontà che ti porta ad amare.

Così quel piccolo angolo dello spirito universale che noi sentiamo vicino quasi sia dentro di noi, si arricchirà e ci farà sentire qualcosa di più che semplici individui. Ci darà la consapevolezza di essere figli di Dio. Solo da quel momento la nostra fede diventerà anche la nostra forza.

L’attendibilità dell’esistenza di Dio.

In questa fase della vita per quanto grande sia il nostro impegno non potremo mai avere la certezza di nulla. Anche ciò che ci appare più evidente può essere un’illusione della nostra mente. Tuttavia, noi ci troviamo in un contesto comune dove ciò che vediamo lo possono vedere tutti, le leggi fisiche a cui siamo sottoposti sono comuni ad ognuno. Ebbene, questa noi la chiamiamo «la nostra realtà».

Per analizzare i grandi temi dell’esistenza possiamo solo utilizzare dei riferimenti di questa realtà, quelli che ci appaiono certi, e ipotizzare un quadro plausibile che si sviluppi in maniera logica fino a comporre un mosaico che contenga una figura compiuta.

Tuttavia è meglio intenderci sul significato di logica. In sintesi potremmo affermare che la logica è uno schema di riferimento costituito da principi e deduzioni che trovano una evidente corrispondenza fra di loro. Se io affermo che due più due fa quattro, io espongo un’evidenza logica; se anche affermassi che il sole continuerà a scaldare la nostra terra ancora per molti millenni, ebbene, anche se in questo caso non esprimo una certezza, è pur sempre un’affermazione attendibile e logica.    

E’ quindi in questa ottica che il grande tema sull’esistenza di Dio va esposto. Non intendo certo provare l’esistenza di Dio, ma mi attendo che si valuti in maniera obiettiva come tale posizione sia logicamente sostenibile.

Inizierò affermando che l’esistenza di Dio, tralasciando l’atto di fede, può essere considerata solo in seguito alla valutazione di due diverse posizioni: la prima riguarda la scarsa l’attendibilità che l’intero universo – e quindi anche l’uomo – debba la sua esistenza al caso; la seconda è relativa alla provenienza del pensiero.

 

Prima posizione

 

Questa prima posizione vuole dimostrare l’esistenza di Dio attraverso la bellezza, varietà e perfezione del creato. Può la teoria evoluzionistica spiegare le meraviglie che ci circondano con il solo ausilio del caso? Oppure è più ovvio pensare esse siano frutto di un’Intelligenza?

La teoria materialistica circa l’evoluzione dell’uomo, ipotizza che la prima cellula vivente abbia avuto origine a seguito di un fenomeno fisico: una scarica energetica, colpendo casualmente alcune molecole, riuscì ad imprimere loro una sorta di carica che mantennero e riuscirono a trasferire ad altre molecole simili, trasformando di fatto la materia inerte in una cellula primordiale. Dovettero passare poi centinaia di milioni di anni, nel corso dei quali strutture unicellulari divennero pluricellulari, giungendo infine a veri e propri embrioni di animali acquatici. Da qui in poi viene introdotta la teoria evoluzionistica: i primi pesci, i primi animali terrestri e infine i primati, dal cui ceppo ebbe origine l’australopithecus, l’homo erectus e l’homo sapiens. In pratica, questa teoria conclude che l’intelligenza umana è stata prodotta per puro caso.

La teoria che io chiamo “spirituale”, invece, promuove l’idea che l’evoluzione umana non possa essere casuale e, se anche non esclude il processo evolutivo così come è stato descritto, ritiene comunque che ogni sua fase sia stata preordinata e organizzata da uno spirito intelligente.

 

Seconda posizione

 

La seconda posizione teorica propone l’esistenza di Dio considerando la provenienza del pensiero.

Nel diciottesimo secolo un’illustre filosofo, il vescovo Berkeley, affermava che la materia, lo spazio e il tempo in realtà non esistono e che sarebbero soltanto un’illusione della nostra mente.

A quei tempi una tale posizione creò una specie di scandalo; tuttavia, a distanza di quasi due secoli, dopo che furono sperimentati alcuni punti teorici della relatività, queste intuizioni trovarono un loro fondamento scientifico. Lo spazio, la velocità e il tempo, nella teoria della relatività, non si presentano più come misure assolute, ma si prospettano variabili in funzione della posizione dell’osservatore.

Ciò ci fa capire come alcuni parametri che si credevano assoluti, nei confronti dei quali furono fondate addirittura teorie esistenziali, siano invece anch’essi dipendenti gli uni dagli altri.

Il concetto stesso di esistenza attribuito alla persona umana, potrebbe assumere un diverso significato. Potremmo in effetti ritenere di esistere per il solo fatto di esserci fisicamente, oppure ritenere l’esistenza fisica uno stato che non può prescindere dalla coscienza e dal pensiero, come lascia intendere il Cartesio di < io penso, quindi esisto >.

Ma cos’è il pensiero, come viene prodotto?

Per determinare l’origine del pensiero ci possono essere solo due ipotesi attendibili.

La prima, concepisce il pensiero come il prodotto di un processo cerebrale: in questo caso è il cervello che assume il ruolo di soggetto pensante, ovvero l’organo con il quale – e non attraverso il quale – noi produciamo il pensiero; in sostanza basta avere un cervello funzionante per avere la coscienza di esistere, e quindi l’uomo è legittimato a identificarsi con la sua parte cerebrale.

Nella seconda ipotesi, invece, il cervello assume un ruolo subalterno, non lo si ritiene affatto il soggetto pensante ma lo si considera per la sola funzione che in realtà svolge: un decodificatore di impulsi, un computer completamente incosciente. In effetti la funzione cerebrale, pur nella sua complessità, si può sintetizzare come un organo che utilizza energia elettrochimica per elaborare e ritrasmettere i segnali che gli giungono dai nostri sensi.

Evidentemente per chi concorda con la prima ipotesi, l’esistenza di Dio rimane un quesito completamente aperto: per essi l’organo cerebrale è il prodotto finale di un’evoluzione iniziata agli albori della storia.

Chi invece non condivide l’ipotesi materialista deve inevitabilmente supporre l’esistenza di una fonte alternativa, che però in questo caso non potrebbe che essere una fonte spirituale.

Perciò la nostra ricerca non deve limitarsi all’individuazione di come si elaborano le cose, ma deve tendere a identificare il soggetto che ha in sé la volontà di ricercarle e quindi la facoltà di pensare. Questa soggetto pensante non può che identificarsi con quella parte divina che ci è stata concessa, ovvero con il nostro spirito.

Per capire meglio questo concetto fondamentale, userò una metafora.

Premetto che col termine conoscenza spirituale, intendo tutte quelle facoltà che ognuno in diversa misura può attingere dallo spirito – sensibilità, umiltà, discernimento, intuito, altruismo, saggezza… –, insomma tutte le facoltà immortali che non possono essere registrate nel cervello e nemmeno svaniscono con la necrosi cerebrale, ma che ritroviamo sempre in ogni vita nella misura in cui siamo riusciti a ottenerle. Potremmo definirle il nostro carattere.

Se tutta la conoscenza spirituale in assoluto potessimo contenerla in un bicchiere, la conoscenza di Dio lo colmerebbe fino all’estremità, per cui oltre non ve ne potrebbe più stare. La conoscenza cui noi invece possiamo accedere lambirebbe livelli appena percettibili. Tuttavia se facessimo un ingrandimento, noteremmo che i nostri livelli, purché mediocri, si presenterebbero fra loro molto diversi e sarebbe proprio questa diversità a diversificare i pensieri e le ambizioni di ogni singolo individuo. Noi pensiamo utilizzando quella poca conoscenza che abbiamo nel fondo del nostro bicchiere. Parte di essa ci è stata data come una sorta di bagaglio iniziale, l’altra parte però in un certo senso l’abbiamo richiesta e guadagnata. Ecco perché ogni individuo ha pensieri e comportamenti diversi.

Ma alla fine, quando avremo superato la prova della vita, Dio colmerà i nostri bicchieri ed otterremo la consapevolezza di aver raggiunto la piena unità con lui.

La trascendenza della vita.


Abbiamo già osservato come secondo la legge della relatività il tempo sia un concetto estremamente variabile.

Un esempio molto spesso utilizzato é quello di un uomo che, dopo essere partito con un razzo ad altissima velocità nello spazio, al suo ritorno – dopo un anno di assenza – ritrovi i suoi coetanei molto più vecchi di lui. Effettivamente la relatività teorizza il tempo come un concetto virtuale, subordinato a variabili come la velocità e lo spazio, in relazione alle quali viene considerato.

Accettando questo presupposto, possiamo pensare che esistano dimensioni in cui si possa osservare il tempo scorrere così lentamente da sembrare quasi immobile e altre in cui si possa vedere trascorrere i secoli nello spazio di un secondo. In questo caso la memoria stessa non avrebbe più nessuna attuazione logica. Se noi potessimo esistere in una dimensione spirituale, quindi non occupando spazio, ci troveremmo sempre in un eterno presente e potremmo spostarci avanti e indietro a nostro piacimento.

Devo ammettere che fu molto difficile prendere in esame questo nuovo modo di supporre la realtà. Soprattutto fu inevitabile che mi chiedessi dove le cose avessero potuto trovare la loro fase d’inizio e successivamente la loro fine.

Per questo, dopo il consueto girovagare nel mondo delle ipotesi, immaginai di ridurre l’intero universo a due termini ultimi: un oggetto e un soggetto, espressioni rispettivamente della materia e del pensiero.

Dell’esistenza di queste due realtà noi siamo assolutamente certi. La scienza e la filosofia raggiunsero i loro esiti migliori partendo proprio da questi capisaldi. Tuttavia essi non rappresentano che dei prodotti, per cui si deve supporre l’esistenza di un produttore.

Una ricerca di questo tipo obbliga necessariamente ad addentrarsi in un campo metafisico in cui non vi sono più certezze, ma solo ipotesi e teorie. Eppure, non potei fare a meno di superare questi limiti, addentrandomi nell’insostenibile. Il mio intento non era certo di esprimere certezze, ma di immaginare una teoria capace di rendere plausibile l’origine comune che potrebbero avere la materia e il pensiero.

Quando io penso una cosa non posso esimermi dal supporre che ne esista un’altra che abbia originato quella che sto pensando. In filosofia si usano i termini < contingente > e < necessario >: il termine contingente indica la cosa o l’essere che non trova la propria origine in se stesso; mentre si utilizza il termine necessario per indicare la cosa o l’essere la cui esistenza non è dipendente da nessun’altra.

Se cercassimo l’origine della materia, giungeremmo al nucleo dell’atomo; scindendo anche il nucleo, rimarrebbero ancora le particelle atomiche costituite comunque da energia positiva e negativa. Tuttavia anche la più sottile energia, è sempre una cosa contingente, di cui dovremmo ricercarne nuovamente l’origine.

Anche il pensiero, pur nella sua forma astratta, è contingente: anch’esso deve trarre origine da qualcosa che sia autonomamente consapevole.

Certo noi facciamo moltissima difficoltà a concepire queste cose perché siamo troppo condizionati dalla nostra esistenza nel tempo. Per meglio comprendere come la materia e il pensiero non possano essersi auto-originati, ma debbano avere un’origine ultima comune, dobbiamo astrarci dalla condizione temporale e pensare a un universo totalmente indifferente alle leggi dello spazio e del tempo.

Tra mille ipotesi, ricordai come Einstein, nella teoria della relatività, avesse concepito il rapporto tra la massa e l’energia. Egli dimostrò che la massa di un corpo alla velocità della luce subisce inevitabilmente la graduale trasformazione della propria massa in energia.

Questa teoria concepisce la massa e l’energia come due diversi aspetti della materia. Quindi, un flusso di particelle infinitamente piccole di materia che viaggiano alla velocità della luce viene definita energia. E se provassimo a ipotizzare di poter superare tale velocità? La stessa energia subirebbe un’ulteriore trasformazione e ci ritroveremmo in una dimensione virtuale in cui tutti i fatti potrebbero accadere ad una velocità tale che l’intera creazione potrebbe svolgersi in un secondo.

Quanto avevo appena immaginato sembrava così strano che neppure io me ne capacitavo.

Tuttavia, con la semplicità di un bambino, volli provare ad immaginare il Big Bang: come doveva essere avvenuta la grande esplosione dell’universo?

Un unico grandioso buco nero, che con la sua esorbitante massa tutto attrae e in cui la velocità diventa così elevata da scindere anche le singole particelle della materia; la luce stessa a tale velocità viene ingoiata e sparisce in quella voragine silenziosa e senza limiti. Nel suo interno tutto viene ridotto ai minimi termini e ciò che noi consideriamo il nulla, trova in quello spazio senza tempo una sua nuova dimensione. Tuttavia in quel nulla esiste ancora potenzialmente tutto in forma di purissima energia, una grande, smisurata energia. Poi, la velocità diminuisce e la materia inizia ad agglomerarsi. Si formano le nebulose, le stelle, i pianeti.

In questa fase di espansione dell’universo si creano in alcuni punti le condizioni per accogliere la vita. Così, anche noi fragili uomini iniziamo a percorrere senza rendercene conto un piccolo tratto di questo cammino, inconsapevoli, forse, di essere il primo scopo di tutto ciò che è avvenuto.

Certo non era questo il luogo in cui Leopardi trasse ispirazione per L’infinito, ma un posto simile lo rappresenta ugualmente bene; così anch’io in “quell’infinito col pensier mi fingo “e immagino che Dio, quando ideò il suo gioco, avrebbe forse potuto farlo iniziare così.

La motivazione plausibile della nostra esistenza.


Se io fossi Dio e fossi solo, nonostante i miei poteri avrei una tristezza immensa.

Passeggerei un po’ nello spazio cercando un diversivo, ma alla fine, non trovando nulla, capirei che l’onnipotenza nella solitudine è ben poca cosa e penserei di crearmi delle motivazioni per essere felice.

Non sono sicuro della passeggiata, ma per il resto penso proprio che sia andata così. Dio certamente ricercava per sé un modo di esistere che lo potesse motivare e rendere felice.

Certo sapeva che per essere felice doveva porsi in attesa di un evento; attendere la soluzione positiva di qualcosa che lui stesso avesse organizzato.

Così Dio crea l’umanità, infondendo nel cuore di ciascun uomo una parte del suo spirito. Da quel momento gli uomini sono chiamati a percorrere il lungo cammino della vita, che implica piccoli momenti di gioia ma anche tante sofferenze e difficoltà; al termine del percorso l’uomo acquisirà tutte le virtù che gli permetteranno di ritornare da Dio e ricongiungersi a Lui. Così, penso che la creazione sia servita a questo scopo e che l’umanità rappresenti un ciclo di relativa sofferenza per il trionfo della gioia. Dio ha dovuto porre a se stesso dei limiti per poter essere felice: con l’umanità, lo spirito di Dio si esprime nel tempo e nello spazio e riesce a gioire ogni volta che una parte di questo suo spirito ritorna a Lui. In fondo noi siamo la sua scommessa: piccoli frammenti di luce che si rincorrono in un arabesco di chiari e scuri componendo il meraviglioso spettacolo della vita.

Le religioni nel mondo

 

Agli albori della storia, quando già la natura aveva compiuto il suo disegno e l’uomo iniziava il suo cammino, anche lo spirito di Dio esordiva nell’animo umano. Così di pari passo iniziava l’evoluzione della mente e quella dell’anima. Ambedue proseguirono sempre appaiate, da una parte una lenta progressione delle esigenze che l’uomo sentiva per appagare se stesso e migliorare il suo mondo, dall’altra un bisogno intrinseco che suggeriva la ricerca dei come e dei perché.

Le religioni nacquero per soddisfare questo bisogno, esse erano solo apparentemente fondate dagli uomini, ma fondamentalmente furono volute da Dio. Le civiltà che si succedettero nella storia tramandarono ai posteri le interpretazioni del trascendente e dei misteri che un capostipite spirituale gli comunicava. Così è accaduto che nelle diverse parti del mondo siano nate religioni diverse tra loro per l’esigenza di essere più congeniali al pensiero e ai costumi di quelle popolazioni.

Non è opportuna quindi l’interpretazione alquanto riduttiva che tende a discriminare una religione nei confronti di un’altra. Infatti, questa valutazione non tiene conto del differente impatto che ogni religione ha dovuto sostenere a confronto con realtà ambientali e di costume fra loro molto diverse; ma soprattutto non tiene conto delle condizioni culturali e cognitive della gente in un preciso momento storico.

Dio mandò sulla Terra periodicamente degli inviati, che possedevano già tutta la conoscenza divina e avevano il cuore pieno d’amore. Essi ebbero il compito di diffondere un messaggio che portasse alla gente non solo il sereno ottimismo di cui certo aveva bisogno, ma anche delle direttive di comportamento, quel tanto che si poteva dire per aiutare gli animi a progredire senza troppo contrastare le tradizioni che da secoli venivano tramandate.

L’amore non è un sentimento facile da infondere nel cuore degli uomini. L’uomo va preso per mano, condotto e coltivato giorno per giorno, finché anche l’anima, come un fiore dopo aver assorbito gli umori della terra, possa aprirsi alla luce.

Allora i bisogni che l’uomo avverte diventeranno minimi e prevarrà in lui la voglia della ricerca spirituale che lo porterà verso la liberazione totale.

 

Nelle prossime pagine spenderò qualche parola sulle religioni più seguite nel mondo, sulla loro funzione e sui limiti a cui spesso ha condotto la loro poco corretta interpretazione.

Le religioni sono il principale strumento per sensibilizzare lo spirito individuale di ognuno – per questo sono diverse ed eterogenee –, strumento di pace e non di guerra, strumento d’amore e non di odio. Le religioni di qualsiasi fede dovrebbero essere intese solo per imparare la via che conduce alla salvezza e non come chiusi baluardi in cui ci si difende dagli “infedeli”.

Perché le religioni sono indiscutibilmente mezzi importanti per avvicinarsi a Dio, ma come tali vanno intese, per non rischiare un totale condizionamento e di cadere nella schiavitù del rito fine a se stesso.

Quindi non domandiamoci quale religione sia più o meno portatrice del messaggio autentico; ogni religione in fondo porta una sua parte di verità e non è importante seguirne una piuttosto che un’altra. Ciò che conta è il nostro miglioramento spirituale, è il sentire crescere l’amore dentro di noi giorno per giorno fino a riempirci l’anima. Verrà un giorno in cui ogni religione convoglierà verso l’unica verità: l’amore. Forse quel giorno l’anima dell’uomo assomiglierà molto all’anima di Dio.

La religione induista


L’induismo è una religione molto evoluta e delle più antiche.

Questa religione, attraverso Krishna e altre manifestazioni divine, si è sviluppata sempre in modo corretto, riuscendo ad istruire un popolo semplice e ancora indietro. Dio, come fece con Buddha, illuminò grandi anime e diede loro il compito di guidare gli uomini accompagnandoli attraverso la loro storia, in quei luoghi e con le loro tradizioni. Ma come sempre l’uomo si è a volte allontanato dai precetti e dalla verità. Anche fra quella gente ci sono state molte deviazioni come in ogni cosa. Alcuni messaggi veritieri non sono stati interpretati in modo giusto e anche in India non si sono limitati a seguire le verità. E’ questo il male di quella gente oggi: le loro forme, i mezzi che li legano ancora. Ma c’è un tempo e un luogo per ogni cosa e arriverà anche per loro il tempo di staccarsi dai mezzi. Ma adesso loro sono ancora immaturi e ne hanno bisogno».

Il buddismo


Buddha è stato illuminato da Dio. Si lui è stato mandato da Dio. La sua è stata una rinuncia genuina, sentita, desiderata e chiesta.

Lui ha conosciuto la sofferenza, come Gesù l’ha voluta conoscere. La sua esperienza è stata importante per tutto il popolo e la gente che lo ha seguito. Buddha è servito a portare luce a quella gente povera e ignorante.

Il buddismo non è ateismo. Il buddismo è una religione perché come tutte parla d’amore ed è molto avanti, perché sa che la reincarnazione è una realtà, ne è cosciente e riconosce che l’uomo durante la vita deve migliorarsi per giungere a Dio.

L’uomo ha storpiato a volte il buddismo. L’ ha trascinato in una direzione sbagliata, in una direzione individualista. Invece noi non possiamo arrivare da soli anche con moltissimo impegno, noi dobbiamo avere l’umiltà di chiedere aiuto a Dio. Budda è arrivato con l’aiuto di Dio. L’uomo invece ha interpretato quel cammino come un’impresa individuale, ha pensato di capire nella storia di Budda, di poter raggiungere la verità concentrandosi su se stesso.

Si Dio è in ognuno di noi, ma Dio esiste anche fuori di noi e è a quel Dio che dobbiamo avere l’umiltà di chiedere aiuto.

 

La religione ebraica

 

Come ho già più volte detto ogni religione porta con sé una sua verità e non si potrebbe mai operare una selezione perché vorrebbe dire tagliare qualcosa di importante all'insieme, mentre ognuna apporta una parte importante e imprescindibile alle verità sotto certi aspetti.

L’ebraismo ha avuto dei capi, delle guide spirituali illuminate da Dio, che hanno saputo indirizzare un popolo che di quelle parole e di quelle dottrine aveva bisogno. Questi capi, come Abramo e Mosè hanno avuto una fondamentale importanza, in particolare le tavole della legge, che contengono i dieci comandamenti. Ho sentito molte persone intelligenti, colte, intellettuali, parlarne con disprezzo o metterle in ridicolo, perché le guardavano e interpretavano secondo la loro mentalità, secondo la loro epoca e abitudini. E’ un grande errore. Perché bisogna sempre interpretare le cose guardandole nella loro dimensione storica e interpretandone il loro fine preciso. E’ secondo questa chiave di lettura che l’ebraismo, che le tavole della legge di Mosè acquistano tutta la loro importanza. Esse hanno saputo dare regole a gente che ne aveva bisogno ed è importante dare alla gente delle direttive spirituali. Di certo sono state utili allora come possono esserlo alle persone oggi, agli ebrei oggi. Naturalmente ogni religione ha la sua piccola deviazione e per quanto riguarda la religione ebraica potrebbe essere il suo dogmatismo. I capi che ci sono stati hanno avuto il loro significato storico, ma forse oggi servono altri riferimenti. Non bisogna mai prendere nulla in senso assoluto. Bisogna sempre ragionare sulle cose, mentre oggi sono troppo legati alle forme. Nell’ambito della religione è sbagliato legarsi alle forme, i tempi storici cambiano, le esigenze cambiano. Ma se gli ebrei credono a certi precetti fissati in passato, questo non è assolutamente negativo, può andare molto bene. Negativa potrebbe essere la loro chiusura dogmatica. Ogni religione ha le sue verità. Bisognerebbe conoscerle tutte e ragionarci e prendere da ognuna ciò che ti sembra coerente con il tuo pensiero. La verità è una ma le vie per arrivarci sono tante. Pensare che solo la tua religione conduce alla salvezza dell’anima e cosa più negativa pensare che tutti gli altri popoli vengano condannati solo perché pur parlando di amore non approvano le tue leggi, questo è il vero guaio. L’ebraismo è una religione storicamente molto importante, ma oggi troppo legata a ciò che è stato e poco aperta alle verità che possono provenire anche da altre religioni, anche da altri popoli.

Il cristianesimo


La religione cristiana cattolica è una delle più illuminate e se così si può dire, perché in realtà in ogni religione esistono delle verità fondamentali, è anche una delle più veritiere. Innanzitutto esplica il messaggio di Dio fondamentale, ovvero: “ama il prossimo tuo come te stesso “e perciò porta avanti come maggiore insegnamento l’amore. Un altro suo insegnamento fondamentale è quello di dedicarsi agli altri per migliorarli, così come ha fatto Gesù Cristo, che è stato un grandissimo esempio per l’umanità intera, portando fino in fondo la sua croce, accettando ogni sofferenza per sola fede. Il suo insegnamento è stato amare completamente e anche perdonare. Inoltre il cristianesimo, più che ogni altra religione invita ad accettare ogni sorta di sofferenza, di ingiustizia, di fatica, invita a camminare lungo le strade più difficili e faticose, invita a sacrificarsi, e ad accettare il sacrificio con fede dedicandoli a Dio perché così avremo una grande ricompensa. E inoltre anche se la chiesa l’ha interpretato non correttamente, non promette una vita felice su questa terra, ma ne coglie il senso più profondo: questa vita è sofferenza e sacrificio, come lo è stata per Gesù ( naturalmente questo non nega dei momenti felici; anche se vanno interpretati come transitori e bisogna sempre tener presente che questa non è la vera e completa felicità ) ma ci promette invece un premio per così dire quando ci ricongiungeremo a lui, dove godremo dell’unica gioia possibile e della più grande. Inoltre e questo è stato un altro punto male interpretato, anzi quasi non capito dalla chiesa: Gesù era una parte di Dio che si è staccato ed è venuto sulla terra per vivere nei disagi e nella sofferenza e il suo destino è quello di ricongiungersi nuovamente a Dio. Nel suo percorso possiamo leggere e vedere il nostro percorso, il nostro destino. Anche se il fatto della reincarnazione non è stato messo in luce da lui in maniera esplicita, ma questo perché ogni uomo ha la sua storia e ogni popolo anche. In conclusione si può dire che l’autentico messaggio del cristianesimo dobbiamo leggerlo in Gesù Cristo, nella sua figura e non ricercarlo in nient’altro.

La religione islamica.


Maometto è stato un uomo illuminato da Dio. E’ stato un grande profeta. L’islam aveva un tesoro importante ma purtroppo non l’ha saputo sfruttare. O meglio i capi, coloro che comandavano, hanno preso sotto il loro controllo anche la sfera spirituale e religiosa, pensando di poter controllare la vita del loro popolo sotto ogni punto di vista. Perciò da una verità di partenza sono giunti a una verità degenerata, perché cambiata in certe sue parti a seconda dell’opportunità e del guadagno di chi era al potere, loro non hanno seguito la religione di Dio e quindi dell’amore, ma una religione creata o meglio rimodellata da uomini a volte poco onesti. E’ per questo motivo che ancora oggi li non c’è libertà. La religione è diventata qualcosa di dogmatico. Ma penso che se uomini intelligenti la interpretassero oggi, capirebbero che certe cose non possono essere volute da Dio, perché Dio può solo parlare d’amore e non di vendette o altro, quindi anche questa religione aveva e ha le sue verità ma è stata utilizzata per scopi pragmatici e molto poco nobili. Gli islamici dovrebbero riacquistare la loro libertà religiosa e intellettuale per poter ragionare su ciò che da anni è stato proposto loro e prenderne solo le parti positive, quelle che secondo il loro pensiero sono accettabili. Purtroppo sono stati schiavi finora di dogmi che magari neppure capivano fino in fondo. La fede è una realtà che prescinde dalla ragione ma non è totalmente indipendente. Si può ragionare sulle varie religioni e vedere e capire le cose che più ti sembrano logiche. Poi la fede serve a portarti oltre questo livello. Ma è una grande bugia dire che religione e logos non vanno d’accordo o sono due sfere diverse e che non si possono incontrare.

 

 

 

 

 Parte seconda

 

 

La coscienza dell’essere

 

 

Quel giorno guardavo fisso nel vuoto cercando una ragione per poter piangere. Mi chiedevo dove fosse l’uomo che avrei voluto essere. Mi esaminavo a fondo, fin dove l’esibizione finisce, ma scorgevo solo una grande, grandissima impotenza. Ma allora dimmi Signore! Che può fare un uomo che pensa di conoscere il mondo se nemmeno riesce a comprendere il motivo della propria esistenza?

L’incertezza mi accompagnò per lungo tempo, poi, mi accorsi che inconsciamente mi ero rivolto proprio a lui, al Signore. Era forse quella la strada da intraprendere?

Da quel momento iniziai a ridimensionare quella presunta intelligenza che credevo appartenermi come se l’avessi costruita, guadagnata o ereditata per chissà quale discendenza atavica. Prevaleva in me la sensazione che se fossi veramente riuscito a liberarmi da quei fronzoli egocentrici che ancora avvertivo, mi sarei sentito più vicino a Lui e, forse, il Signore mi avrebbe potuto concedere di più.

Così venne quel giorno che vi dissi; quando presi quei fogli e mi accinsi a scrivere. Sapevo di non aver guadagnato molto, tuttavia quella spinta che sentivo dentro, era più che mai nitida e risoluta. Provai allora, come per gioco a porre sul foglio una semplice domanda.

Chi siamo noi in realtà? Ha uno scopo la nostra esistenza? 

Esitai un attimo, poi, come se il mio pensiero fosse veramente aiutato, iniziai a scrivere la risposta.

 

 

< Sapessi quante persone si pongono questa stessa domanda. Purtroppo non vi soffermate quasi mai in questa   analisi e per superficialità accettate alcuni  luoghi comuni  che propongono l'individualità come una sorta di maturazione cerebrale, oppure la ritengono una condizione ereditaria. Dovreste sapere, invece, che l’individualità é la manifestazione dello spirito. La prima cosa da fare per progredire spiritualmente è prendere coscienza di questo, del proprio essere. Non confondetevi per ciò che vi appare, sforzatevi di guardare nel vostro intimo. Sappiate riconoscere che il vostro “io” non è un prodotto cerebrale, ma l’espressione del vostro essere spirituale.

Non fermarsi a meditare è solo una questione di comodità. Meditare su se stessi significa inciampare nei nostri difetti, significa mettere a nudo la nostra anima e trovarci inevitabilmente delle mancanze, dei lati oscuri; significa indirizzare la nostra vita verso altri valori, significa rinunciare, fare dei sacrifici, significa insomma prendere piena coscienza del fatto che l’esistenza non può risolversi in tutto ciò che vedi e tocchi, in tutto ciò che è esperibile attraverso i sensi, ma va al di là di questi, va ben oltre la vostra fantasia, la vostra mente.

La vera realtà è di natura spirituale, trascendente e come tale può essere conosciuta solo attraverso l’intuizione della vostra anima. La vita non può essere solo mangiare, dormire, viaggiare, divertirsi, lavorare…se fosse solo questo dove si potrebbe trovare il senso di ciò che vi sta intorno? E il senso stesso della vostra vita dove sarebbe? E’ nella logica capire che deve esistere qualcosa di ulteriore, altrimenti non ci sarebbe più senso né scopo per le vostre parole, le vostre azioni, il vostro esistere.

Tutto è possibile e non è mai tardi per iniziare una meditazione personale sul significato della vita e dell’esistenza. Cercatelo dentro di voi. Non troverete nessun’altro significato vagando per il mondo che non potete trovare stando fermi e scrutando nella vostra anima. E’ dentro di voi il vero senso. Siete voi ciò che cercate. E’ su di voi che dovete concentrare e proiettare tutti i vostri sforzi…per scoprire la persona che siete veramente e per migliorare ciò che in voi è lontano dal bene.

A volte vi può essere capitato di riflettere un poco e non riuscire a trovare il senso delle cose, ma forse vi siete limitati a constatare questa situazione…per cambiarla ci vuole tanta volontà d’animo e fede. Ma non disperate, è più facile di quanto sembra. Provateci. Provate a scoprire il senso nascosto e ulteriore della vita. Dio è la vostra risposta. Non c’è domanda che cercando Dio rimanga mistero. Dio è la luce che illumina i vostri dubbi ed è la risposta della vostra vita. Come cercarlo, lo scoprirete dentro di voi. Ricordate che l’impegno e la volontà sono il primo sforzo per il miglioramento. Non si è mai soli…Dio è sempre con voi, vicino a tutti coloro che stanno iniziando a svegliarsi dal sonno pericoloso della banalità al quale troppo spesso la vita ci abitua e ci spinge. >

 

Signore, per noi non è facile concepire l’esistenza dello Spirito. Possiamo farlo solo per fede, non per logica cosciente. Tuttavia ci domandiamo: a quale religione dobbiamo credere e perché poi proprio quella?

Scusa Signore se mi dilungo su questo concetto, ma le domande che mi pongo sono tante.

Perché dobbiamo credere ad un essere superiore e tenere un comportamento buono per ottenere la vita eterna? Non potremmo averla comunque vivendo come meglio ci aggrada?

 

< Tenere un comportamento buono – come tu dici – non è un’imposizione, ma diventa una manifestazione spontanea per chi ha imparato ad esprimersi con amore. La bontà a questo punto non può essere repressa, ma è voluta e ricercata, perché soddisfa piacevolmente uno spirito evoluto. Ricordati, poi, che la vera bontà non ricerca la gratitudine terrena, ma solo l’intimo rapporto con Dio. Perché, vedi, la vita eterna non è solo un premio per chi si comporta bene, ma è un nuovo modo di esistere che trova la sua massima espressione nell’amore.

Il gioco della vita è duro, concede molte gioie, ma richiede anche molti sacrifici. Durante questo tragitto l’uomo deve riconoscere se stesso, ma raramente si sofferma subito in questa ricerca ed erroneamente insegue baluardi effimeri confondendoli per beni assoluti. Il viale con vetrine sfolgoranti, generalmente riporta sempre al punto di partenza; è solo la via stretta che ti conduce alla consapevolezza e all’amore.

Per quanto riguarda la religione da seguire, credo sia meglio chiarire che le religioni non sono il fine, ma semplicemente un mezzo e tutte dovrebbero indicare il medesimo obiettivo: esse dovrebbero aiutare l’umanità – nelle diverse culture – in un processo di maturazione spirituale che ha come fine la conquista dell’amore. Quindi, non dovrebbero essere intese come roccaforti in cui trincerarsi e difendersi dagli “infedeli”. Purtroppo molte religioni sono state nel corso della storia manipolate e quelli che dovevano essere i genuini custodi del culto per aiutare l’umanità nelle proprie scelte, hanno gestito le religioni come forme di potere, spesso utilizzandole per mantenere il prestigio e la potenza della casta religiosa stessa. Non era certamente questo il loro scopo. Lo spirito dell’uomo, oggi, ha sempre meno bisogno di regole imposte ma deve essere sensibilizzato da esempi di vita.

Io dissi: < amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. > Questo comandamento è una proposta, ma è anche l’esempio della mia vita.

Nella tua domanda manifesti la difficoltà di concepire l’esistenza dello Spirito.

Devi sapere che lo Spirito è necessario perché vi dà la vita. Esso non appartiene al corpo, è il corpo che appartiene a lui. Voi tutti siete una piccola parte dello Spirito di Dio, solo che ognuno partecipa di questo Spirito in misura diversa.

Lo Spirito è come un dono: Dio ne concede di più a chi lo desidera ed è pronto per riceverlo. Più una persona è colma di Spirito divino e più è consapevole del cammino di maturazione interiore che deve fare per raggiungere Dio e ricongiungersi a lui. Quindi lo Spirito è in definitiva intelligenza e consapevolezza.

Può sembrare un concetto difficile, ma in realtà per comprenderlo basta mettersi nella giusta disposizione d’animo.

Ciò che ora ti sto per dire sovverte la concezione comune che attribuisce al cervello la capacità pensante: in realtà anche il pensiero è una peculiarità esclusiva dello Spirito.

Se tu analizzi - per esempio - la dinamica di una riflessione, puoi riconosce che per poterla fare sono sempre necessari due presupposti: una volontà che guida l’indagine e una memoria che la supporta. Considerando le due cose separatamente, è possibile identificare l’apparato della memoria con il cervello, ma la volontà non può essere espressa da quello stesso organo. La volontà può solo provenire da qualcosa che abbia già in sé una sorta di consapevolezza, deve esserci un operatore che dirige l’analisi del pensiero. Ecco perché il cervello senza il supporto dello Spirito rimane un perfetto organo materiale senza nessun ragionamento. È lo stesso meccanismo che avviene col normale computer: esso può anche possedere una grande memoria, ma siete voi che estrapolate da quella ciò che desiderate.



La questione religiosa


Nel turbinio dell’era moderna ritenevo indispensabile che venisse proposta una fede più motivata, che non fosse solo un modo per evitare un castigo o meritare un premio, ma che trovasse una propria ragione forte per essere ricercata e seguita. Una fede cui l’unica motivazione sia il paradiso e l’inferno, oggi non è più capita e, soprattutto, non è più condivisa. Così mi rivolsi a Lui:

 

Signore, so bene che il messaggio deve essere proporzionato a chi lo ascolta, quindi semplice e intuitivo, tuttavia mi chiedo se certi concetti siano ancora opportuni. Credo che molte persone oggi si allontanino dalle religioni tradizionali proprio per questo ritardo propositivo. Penso che forse sia giunto il momento di proporre spiegazioni più esaurienti, più chiare e conclusive. Oggi, come sappiamo, l’evoluzione scientifica e culturale non ha più i tempi blandi di un tempo, la società freme, il materialismo si è fatto pressante. D’accordo, ogni tanto una madonna piange, ma, in un mondo di effetti speciali, anche i miracoli vengono in parte minimizzati.

Mi domando, se non sia giunto il momento che le chiese – tutte le chiese – cerchino di proporre una religione universale e più consona, dove soprattutto l’amore trovi la propria motivazione di esistere.

 

 

< La vita di una persona ha un senso talmente grande che andrebbe ricercato in un’analisi capace di andare oltre i messaggi allegorici. Tuttavia devi comprendere che l’umanità sta percorrendo un lento cammino di maturazione spirituale e, di volta in volta, non si può rivelare più di quanto la gente possa capire. Se offri un cibo pesante a un ammalato rischi di farlo stare male e non ottieni il risultato sperato, al contrario rischi di comprometterne la guarigione.

La via che conduce all’amore è sempre la fede. Essa si può conquistare a piccoli passi, oppure in un tempo breve. Alcuni iniziano questo cammino in seguito a un dolore, altri dopo aver provato una gioia; altri ancora ricercano delle spiegazioni logiche, ma questi sono i soggetti che scelgono la strada più impervia, perché la verità non è tanto una conquista della mente, quanto un dono che Dio fa al vostro Spirito in piccole dosi, in funzione di quanto esso ha saputo liberarsi dai fardelli che lo gravano.

Chi ricerca nel suo cuore la verità e l’amore li troverà, perché avrà l’aiuto dello Spirito del Signore. Chi invece ha il cuore indurito, allora a nulla potranno valere neppure le spiegazioni logiche.

Tuttavia la fede non è una semplice espressione verbale:

 < non chi dice: Signore, Signore, conquisterà il regno dei cieli, ma chi fa la volontà del padre mio. >

 

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Il sistema di porre al Signore le domande mi stimolava.

In un certo senso mi sentivo un privilegiato; dopo tutto bastava che gli esponessi le mie incertezze e subito ne avevo una spiegazione.

Decisi però di tralasciare per il momento la questione religiosa e di approfondire, se fosse stato possibile, l’argomento spirituale.

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Signore, potresti chiarirmi i concetti di spirito e di materia, affinché possa capire quale parte di noi è l’uno e quale parte l’altra?                                             

 

< Voi vivete in una dimensione in cui potete utilizzare solo dei riferimenti relativi e questo vi crea uno sbarramento concettuale che la vostra mente non è in grado di superare. Io non posso quindi spiegarvi il concetto di spirito perché non lo capireste e comunque non sarebbe opportuno che lo facessi. Per esempio, nella vostra vita è necessario scandire il tempo, ma in realtà esso è solo una convenzione umana che in altre dimensioni non esiste. Lo spirito, se vuoi, puoi assimilarlo ad una forma di energia. In fondo tutto ciò che esiste nell’universo è costituito dalla medesima energia: un piccolissimo atomo, una grande stella, le nebulose stesse sono formate dalla stessa e unica fonte di energia, quella appunto diffusa in tutto il creato. Essa per quanto invisibile è ovunque, anche in quello che viene considerato vuoto assoluto, attraversa i pianeti e le stelle, riempie anche lo spazio che esiste tra gli atomi della materia tenendo tutto in perfetto equilibrio. L’energia si potrebbe definire l’elemento in cui si immerge l’universo.

Ti ho detto questo per farti avvicinare un po’ al concetto di spirito; tuttavia esso non è questa energia, ma è la vita che in essa è contenuta. Non posso dirti di più per ora. Sappi comunque che lo spirito lo si può esprimere come energia, ma è anche sapienza, è pensiero, ma in Dio queste definizioni assumono lo stesso significato, in lui sono una cosa sola, sono il suo spirito.

Il corpo, invece, è solo uno strumento necessario per l’esistenza terrena, ma pur nella sua perfezione in fondo è soltanto materia, come del resto l’energia che lo racchiude e lo fa funzionare. Esso vi dà l’illusione di essere ciò che i vostri sensi vi permettono di vedere e di toccare, ma in realtà voi siete ciò che non vedete e non toccate.

Dando al vostro corpo parte del mio spirito Io vi ho infuso questa consapevolezza e voi avete iniziato autonomamente a produrre un vostro pensiero, avete iniziato a vivere. Da quel momento vi siete distinti: con il vostro pensiero, le vostre scelte e la vostra volontà diversificate le vostre individualità. Voi diventate quello che avete scelto di diventare, quello che avete chiesto di essere e che Dio vi ha concesso di avere. >

 

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Sentendo queste parole, per un attimo rabbrividii: stavo per la prima volta penetrando nel mistero divino, ma al tempo stesso ero ansioso che il Signore continuasse a parlarmi, come un fanciullo che vuole ascoltare il resto della favola.

Nonostante ciò per il momento non Gli feci più domande e per l’intera giornata riposai la mente, evitando accuratamente di pensare. Quelle teorie erano veramente rivoluzionarie: avvertivo un senso di piacere che mi proveniva dal compiacimento di chi sta per conoscere la verità, ma al tempo stesso provavo quasi una sorta di timore nel continuare il dialogo che avevo iniziato. Forse non ero ancora pronto; forse, come tanti, preferivo starmene al riparo della mia ignoranza per non avvertire il peso di una coscienza che mi avrebbe imposto scelte molto più gravose.

Eppure, all’indomani, quasi avessi un appuntamento, volli riprendere l’argomento proprio dove l’avevo lasciato. Ormai sarei arrivato fino in fondo, o almeno fin dove il Signore mi avrebbe concesso d’arrivare.

 

Io credo, Signore, che gran parte della gente pensi a Dio come a un essere onnipotente completamente soddisfatto in se stesso, senza alcun bisogno dell’umanità. Ora tu mi presenti un Dio che ha bisogno di porsi in una dimensione umana come la nostra.  

 

< Effettivamente è così. Non ha senso l’interpretazione di un Dio che ha bisogno dell’umanità, perché la stessa umanità è parte di lui: voi non siete staccati da Dio, ma fate parte del tutto e Dio è questo tutto.

Egli è in tutte le cose, quelle che vedete e quelle che non vedete; la materia stessa non avrebbe consistenza senza di lui, ma soprattutto non potrebbe esistere la vostra anima che vive perché è parte del suo spirito. Lo spirito costituisce l’onnipotenza di Dio. Esso è al di fuori del tempo e dello spazio e tutto è compreso in Lui.

Per renderti un po’ più accessibile il mistero della vita, ti aiuterò dicendoti che l’onnipotenza di Dio si esprime in cinque fasi: pensiero, consapevolezza, organizzazione, sapienza, creazione.

Le prime quattro fasi rimarranno perennemente in essere. Esse costituiscono l’essenza di Dio Padre. La creazione, invece, procede dalla sapienza del Padre e si esprime attraverso un perenne dinamismo: essa avrà un inizio ed una fine e poi ricomincerà nuovamente, sempre varia e imprevedibile. Essa è il gioco che Dio ha organizzato per la propria e quindi anche la vostra felicità. >



Quindi, Dio Padre non può essere soddisfatto della sola contemplazione di se stesso?

< Se vi domandaste quale sia la finalità ultima di ogni individuo, non ne trovereste alcuna che non sia racchiusa nell'intento di essere felici.

Infatti la felicità è prerogativa dello spirito, quindi è certo un’ambizione dell’uomo, ma é anche la prima aspirazione di Dio. Tuttavia, la felicità di Dio è determinata in modo diverso da quella dell’uomo.

La felicità si realizza con l’attuazione di ciò che si desidera, ma chi ha già tutto non può desiderare nulla. Per questo motivo Dio onnipotente si creò dei limiti, dei bisogni ed entrò in una dimensione nell’ambito della quale il desiderio poteva trovare una propria logica e la felicità essere il compendio dell’attesa, della conquista e soprattutto dell’amore. Per poter essere felice Dio crea l’umanità e in ciascun uomo infonde una parte di se stesso. Quella parte di sé, confusa nei rivoli della materia, dovrà sacrificarsi fino a riconquistare la consapevolezza della propria natura divina e sentire il desiderio della libertà e dell’amore e, in definitiva, di ricongiungersi al tutto di Dio. Ma dopo quante vite? Quante inevitabili sofferenze? Il passaggio attraverso i filtri del mondo varia per ognuno; sono le vostre scelte e la vostra volontà a determinare la durata del viaggio. >

 

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Quelle risposte mi infondevano un sottile benessere, ero ormai consapevole di accostarmi ad una conoscenza nuova.

Dopo tanti anni intuivo attraverso uno schema logico il grande senso della vita. Lo stesso concetto della trinità, che per secoli fu oggetto di controversie, eresie e scomuniche, assumeva ora ai miei occhi contorni più logici. In questa euforia che sentivo sempre più appagante, decisi di porre al Signore la domanda che mi stava più a cuore, quella che tocca da vicino la nostra fede.



Postfazione

 

 

Quando iniziai questo libro non supponevo certo gli sviluppi che avrebbe avuto. Lo iniziai per svago, ma forse anche per un bisogno intrinseco di riordinare un po’ la mia mente.

Oggi ancora non posso sapere se quello che ho scritto sarà letto da poche o da molte persone, di certo è stato utile a me e confido che un giorno possa esserlo anche per altri.

Penso che la cosa veramente importante, sia che questa lettura possa servire da stimolo per porsi delle domande, quelle a cui un giorno dovremo infine rispondere.

In fondo il Signore ci chiede solo di provare con una prima e piccola scintilla d’amore: una preghiera. Quanta forza avrebbe la ritrovata umiltà di colui che dopo aver trascorso l’intera sua vita alla ricerca di felicità effimere, cadesse sulle ginocchia e dicesse: « Signore ora non ce la faccio proprio più, aiutami tu a capire ». Pregare è tutto. Significa riconoscersi esseri limitati attribuendo a Dio tutte le facoltà che credevamo nostre, vedere in ogni manifestazione le sue manifestazioni. Pregare significa impegnarsi costantemente, fiduciosi che quello che avverrà poi sarà comunque per il nostro bene.

Tutto questo è preghiera. Ma la preghiera è anche meditazione, cercare di capire le motivazioni dei nostri sacrifici, delle nostre sofferenze, ed in fine la preghiera è chiedere la forza e la volontà per andare avanti, sempre.

Poi siamone certi, quella piccola scintilla d’amore scoccata nel nostro cuore, richiamerà lo spirito del Signore che ci darà tante volte di più di quello che ha ricevuto e la saggezza che prima non conoscevamo la sentiremo nostra. Allora inizieremo anche a comprendere le limitatezze degli altri senza più giudicare le loro mancanze. ( non pretendere dagli altri ma solo da te stesso, è con te stesso che devi essere un maestro severo e intransigente )

Così l’amore verso Dio diventerà anche amore verso il prossimo. Allora sì, la meta sarà veramente vicina.

( La fede è un dono ma l’amore, quello, può essere solo una vostra conquista.)  

 

Ecco, sono giunto all’epilogo. Questo tragitto ha liberato un po’ il mio cuore da alcune cianfrusaglie che non sapevo proprio dove riporre, ha riordinato il mio pensiero e rasserenato il mio spirito. Un giorno, quando sarò troppo stanco per parlare e troppo debole per sentire, vorrei che un ultimo spiraglio di luce mi permettesse di sussurrare:

« Padre eccomi. So di non poter più nulla ormai, ma ti prego, concedimi almeno per un attimo, di vedere la tua luce. >

 

( Tu non sai cos’è la gioia. Non preoccuparti, quando sarai con me la conoscerai. La gioia è grande, è immensa. La sofferenza è tanta ma ha una diversa intensità è concepita in modo diverso. La sofferenza è scontata ma la gioia è attesa, è bramata e quando arriva è così gratificante… in un modo che non puoi capire ).

 

 

 

FINE